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Nella meravigliosa cornice della Cattedrale di San Giovanni Battista a Torino, questo pomeriggio, domenica 15 dicembre 2024, è stata officiata la Santa Messa di ringraziamento al Signore da parte del neo Cardinale Roberto Repole.

Un momento di preghiera, assieme ai fedeli di Torino, Druento e Givoletto, quale grazie per la scelta di Papa Francesco di elevarlo a Cardinale nel pomeriggio di sabato 7 dicembre 2024 a Roma, unitamente al Titolo di Gesù Divino Maestro alla Pineta Sacchetti.

Come ricorda la Diocesi di Torino, alla celebrazione in Cattedrale a Torino hanno preso parte rappresentanti delle principali autorità civili e militari di Torino e Susa, Enti e Fondazioni. Tra le presenze religiose, i vescovi erano 14: il vescovo ausiliare di Torino mons. Alessandro Giraudo, l’ausiliare emerito mons. Guido Fiandino, il vescovo di Alba mons. Marco Brunetti, il vescovo di Asti mons. Marco Prastaro, l’arcivescovo di Vercelli mons. Marco Arnolfo, il vescovo di Saluzzo mons. Cristiano Bodo, il vescovo di Cuneo-Fossano mons. Piero Delbosco, il vescovo di Acqui mons. Luigi Testore; i vescovi emeriti mons. Giuseppe Anfossi (Aosta), mons. Edoardo Cerrato (Ivrea), mons. Alfonso Badini Confalonieri (Susa), mons. Gabriele Mana (Biella), mons. Pier Giorgio Micchiardi (Acqui) e mons. Lorenzo Piretto O.P. (Smirne). Presenti i membri del Consiglio episcopale, una folta rappresentanza del Clero di Torino e Susa e alcuni ministri di altre Confessioni, tra cui la Chiesa copto-ortodossa, la Chiesa ortodossa di Mosca e la Chiesa greco-ortodossa.

A questi si sono unite alcune centinaia di fedeli, tra cui parenti e amici, seminaristi, consacrate e consacrati, singoli e gruppi delle comunità parrocchiali e di associazioni e movimenti.

Al termine della Messa, nei locali dell’adiacente Facoltà Teologica in via XX Settembre 83, c’è stato spazio per un momento di scambio conviviale di saluti e auguri con il neo Cardinale.

Il testo dell'Omelia del Cardinale Roberto Repole

Giovanni il Battista sa molto bene che la venuta del Messia, che la nascita di Cristo è qualcosa di indeducibile, non dovuto e assolutamente gratuito. Sa che questo rappresenta per noi uomini la possibilità di essere battezzati in un battesimo di acqua e di fuoco, di Spirito e di fuoco; per noi significa la possibilità di essere immersi nell'amore grazioso di Dio, senza fare nulla.

E tuttavia Giovanni il Battista sa anche molto bene che, perché questa venuta del Signore ci raggiunga in profondità, in tutte le fibre del nostro essere, è necessario che noi ci convertiamo a Lui, che disponiamo la nostra vita, i nostri cuori, la nostra interiorità e tutta la nostra esistenza a Lui. Perché se noi non prepariamo la via disponendoci a Lui, quel suo Natale, quella sua venuta non ci può raggiungere. Ed ecco perché tutti si rivolgono a Giovanni con una domanda molto precisa: «Che cosa dobbiamo fare?». E la risposta, multipla e tuttavia unica, di Giovanni il Battista è molto semplice: ci si prepara ad accogliere e riconoscere la venuta di Cristo, del Messia, del Figlio di Dio che si fa uomo, nella misura in cui si è allenati a riconoscere e a preparare la venuta del Figlio dell'uomo, di qualunque figlio d'uomo, di qualunque sorella e di qualunque fratello. 

Soltanto chi è allenato ad accogliere la venuta della sorella e del fratello saprà al tempo opportuno riconoscere la venuta, la parusia di Cristo, del Figlio di Dio che si manifesterà in un volto di uomo. «Che cosa dobbiamo fare?», chiedono le folle. E Giovanni risponde molto semplicemente: si tratta di condividere, si tratta di fare in modo che ciò che tu hai non lo detieni come un possesso che ti separa dagli altri, che mette un muro tra te e gli altri, ma che quello che tu hai lo vivi per quello che dovrebbe essere, uno strumento per creare comunione, per entrare in solidarietà con qualunque sorella e qualunque fratello che incontri, soprattutto se è una sorella e un fratello bisognoso.

«Che cosa dobbiamo fare?», chiedono i pubblicani. E Giovanni risponde: non esigere dall’altro nulla, non comportarti con l'altro come se l'altro ti dovesse qualche cosa e, soprattutto, non esigere mai ciò che l’altro non è in grado di darti, perché soltanto chi si rapporta così con l'altro vede la venuta dell'altro e sarà capace al tempo opportuno di riconoscere la venuta di quell'Altro con la A maiuscola nella greppia di Betlemme.

«Che cosa dobbiamo fare?», chiedono i militari. Non usare la forza, non essere prepotenti, non vivere i rapporti con un senso di superiorità che schiaccia l'altro, mantenendolo o definendolo in un senso di inferiorità.

Cristo viene e può essere accolto e può essere riconosciuto nella sua venuta soltanto nella misura in cui ci disponiamo ad accoglierlo accogliendo le sorelle e i fratelli che ci è dato di incontrare. Soltanto così allora quel Natale gratuito, indeducibile, grazioso di Cristo può diventare anche il mio, può diventare il nostro Natale. Un mistico tedesco del Seicento dice così: Gesù Cristo potrebbe nascere anche mille volte a Betlemme, ma se non nasce nel tuo cuore, allora siamo perduti!Che cosa dobbiamo fare perché questo Natale sia il nostro Natale? Dobbiamo reimparare a condividere e ce n'è un immenso bisogno nell'umanità di oggi. Ci sono focolai di guerra oramai dappertutto, ci sono popoli che sono costretti ad emigrare per sopravvivere… per sopravvivere! Mi ha colpito terribilmente l’immagine di quella bimba, Yasmine, che dopo due giorni in mare è stata salvata. Ma può essere questa la nostra umanità?

Che cosa dobbiamo fare perché questo sia il nostro Natale, perché sia il mio Natale? Reimparare a condividere, non guardando soltanto lontano, ma guardando vicino, guardando a chi abita nel mio palazzo, a chi abita nella mia strada. Forse per qualcuno di costoro c'è anche proprio bisogno di condividere il cibo, di condividere i vestiti, ma si può condividere uno sguardo, un'attenzione, del tempo, un sorriso… Nessuno è così povero da non avere qualcosa da condividere!

Che cosa dobbiamo fare? Dobbiamo non pretendere niente dagli altri e soprattutto dobbiamo riconoscere che gli altri possono offrire quello che possono. Soltanto quando lo si riconosce - con tuo marito, con tua moglie, con i tuoi figli, con i tuoi genitori… - allora davvero vedi l'altro e ti addestri, ti eserciti al momento opportuno a riconoscere quell'Altro che è Cristo.

Che cosa dobbiamo fare? Dobbiamo smettere di guardarci gli uni gli altri con quel senso del potere che, poco o tanto, ci abita tutti, perché un po' di potere ce l'abbiamo tutti, ma sapendo che siamo semplicemente sorelle e fratelli. Verrebbe da chiedersi: ma perché, perché nella domenica della gioia, nel cuore dell’Avvento, siamo invitati così decisamente alla conversione? Perché, quando possiamo ancora convertirci, siamo vivi e perché, quando ci convertiamo, troviamo il segreto della gioia. Quando rimaniamo fermi, statici, soprattutto nelle nostre pigrizie e nel nostro peccato, siamo nella sede giusta per trovare l'infelicità. Cominciamo a gioire quando riprendiamo a camminare, a camminare verso gli altri, a camminare verso Cristo.

Mi sembra che lo abbia intuito un monaco benedettino francese che, proprio celebrando questa

domenica dell'Avvento, ha scritto una poesia che trovo particolarmente luminosa. Dice così:

Alle porte della notte, Signore Gesù,

nell’attesa gioiosa della tua luce,

noi vegliamo e preghiamo.

Sui passi del Precursore, ti offriamo il nostro amore

come lampada che arde e splende.

Fa’ sorgere l’Alba attesa dai secoli.

Alle porte della notte, Signore Gesù,

noi precediamo il Giorno

e portiamo la Speranza.

Sui passi del Precursore, ti offriamo il nostro desiderio

e l’incessante ricerca dell’uomo

Riconduci i nostri cuori all’innocenza.

Alle porte della notte, Signore Gesù,

prepariamo la nostra terra intenebrata

alla tua Pasqua luminosa.

Sui passi del Precursore, accogliamo la promessa

di un battesimo di fuoco.

Che infiammi la vita di ogni essere.

Alle porte della notte, Signore Gesù,vogliamo cessare di agire

perché tu possa rivelarti.

Sui passi del Precursore, prepariamo il tuo Ritorno

come si spera dall’aurora la gioia perfetta.

Vieni, Gesù, e precedi i nostri passi.

[Dieudonné DUFRASNE, Nella gioiosa luce del Precursore,

in Prières aux portes de la nuit, Publications de Saint-André,

Ottignies 1997, pp. 50-51]

Foto Mihai Bursuc