È da quando è molto piccolo che Marco Parolin si pone due domande: perchè mi hanno abbandonato? E, soprattutto, chi è mia madre?
A 25 anni, Marco è un giovane realizzato, con un lavoro soddisfacente - lavora in un negozio di informatica - e una vita radiosa davanti con la sua compagna.
Eppure ci sono quelle due domande che lo accompagnano praticamente da quando i suoi genitori adottivi gli hanno raccontato cosa è successo in quel 31 luglio 1998.
Ovvero quando Marco - che in un primo momento venne chiamato Francesco - venne lasciato all’ospedale di Rivoli quando aveva all’incirca cinque mesi e pesava circa 7 chili. Lasciato al sesto piano dell’ospedale, vicino al reparto di Ginecologia. Non un biglietto, non un messaggio. Ma forse il gesto d’amore di una madre che non poteva tenerlo e ha pensato di fare la cosa migliore: lasciarlo in un ospedale, dove certamente avrebbero saputo come accudirlo, in attesa di una adozione.
Perché quel pargoletto aveva bisogno di affetto, cure e amore. E così venne dato subito in affido. Prima in una casa-famiglia. Poi ai coniugi Parolin, che lo hanno amato fino agli ultimi istanti di vita: papà Massimo e mamma Laura sono morti nel 2008 e nel 2011.
Adesso che sta per compiere 25 anni - formalmente il 28 febbraio, così come da carta di identità 2023 - Marco ha deciso che fosse arrivato il «momento giusto» per scoprire la sua «vita precedente».
E così ha deciso di postare quell’articolo che il quotidiano «La Stampa» gli dedicò nel 1998 dal titolo «Mistero in corsia».
«Da quello che ho capito, ero anche ben vestito, con una elegante salopette e scarpe di marca. E all’epoca non era come oggi che ci sono i corrieri: voleva dire che mia madre mi aveva comprato quegli indumenti in un negozio importante. E, ancora, ero in salute e non risultano malattie. L’unica cosa è che avevo un braccio atrofizzato e avevo difficoltà quando vedevo la luce del sole. Probabilmente ho vissuto al buio e stavo sempre in determinate posizioni», spiega Marco che ora vuole fare davvero luce. Cercando informazioni da chiunque possa averne.
Di qui gli appelli agli organi di informazione e sui social: «Ho 25 anni è giusto che io sappia. Lo so, non sarà facile perché di tempo ne è passato. A chi mi rivolgo? In primis al personale sanitario che all’epoca lavorava all’ospedale di Rivoli. Poi a eventuali persone che mi abbiano visto crescere in quei primi cinque mesi».
Ci sono diverse domande che Marco, ancora oggi, si sta ponendo: «In primis vorrei tentare di conoscere quanto meno mia madre. Per chiederle perché abbia deciso di abbandonarmi. Io lo vedo come un gesto d’amore. Di grande amore. Perché non mi ha abbandonato per strada. Ma in un reparto di un ospedale. Però di me non si sa nulla. Potrei anche essere straniero, in particolar modo albanese. Ed è per questo che ora mi sto muovendo con tutte le comunità albanesi italiane, oltre che attraverso le forze dell’ordine. Se ho paura di non ottenere risposte? Sì, non lo nego. Ma è doveroso provarci. Ho mille domande che mi passano per la testa. Compresa quella relativa a cosa sia successo tra la mia nascita e il 31 luglio 1998».
Di qui l’appello: «Chiunque sappia mi dia una mano a ricostruire quel periodo. Sarebbe il modo più bello per festeggiare i miei 25 anni».
Chiunque abbia notizie, può contattare Marco alla sua pagina Facebook "Marco Parolin (Il mistero in corsia)".