I vertici di CasaPound hanno sporto querela contro il sindaco di Venaria, Roberto Falcone, in merito al famoso caso dei fiori tolti dal cimitero generale nei giorni vicini alla celebrazione del 28 ottobre, "Marcia su Roma" e che, per i militanti del movimento di destra, erano invece per i caduti della Repubblica Sociale Italiana per la vicinanza con le ricorrenze della Commemorazione dei Defunti.

La denuncia-querela è stata depositata presso la Procura di Ivrea da Marco Racca e Matteo Rossino.

"Avevamo deposto delle rose rosse in omaggio ai Caduti venariesi della Repubblica Sociale Italiana lo scorso 28 ottobre - hanno spiegato Matteo Rossino e Marco Racca rispettivamente responsabile provinciale e regionale del partito CasaPound Italia - Avevamo deposto quei fiori come facciamo ogni anno e come faremo anche il prossimo. Falcone si è permesso di rimuoverli dal cimitero solo per mere finalità politiche." "Il gesto di Falcone - hanno proseguito Racca e Rossino - ci ha profondamente turbati. Non è accettabile che i fiori siano rimossi dal cimitero per il capriccio di un sindaco. La denuncia era un atto dovuto e siamo certi che la magistratura accoglierà le nostre argomentazioni."

Per l'avvocato Federico Depetris, che li segue in questa vicenda, "Abuso d'ufficio e vilipendio alle tombe sono i due reati che potrebbero essere imputati al Sindaco di Venaria. Francamente non credo esistano precedenti specifici per un atto come questo (un sindaco che ordina la rimozione di alcuni fiori in omaggio a dei caduti), sono certo quindi che la Procura di Ivrea eseguirà tutti i dovuti approfondimenti per verificare la liceità della condotta del sindaco. Io personalmente ritengo che un Sindaco, senza che vi sia un fondato motivo di ordine pubblico, sanitario etc, non possa ordinare la rimozione di omaggi floreali. Falcone ha posto in essere una condotta che ritengo essere arbitraria e quindi abusiva, perché il Sindaco ha utilizzato i propri poteri per colpire degli avversari politici o comunque per fare polemica politica e questo non è accettabile in una democrazia e in uno stato di diritto".